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domenica , 23 gennaio 2000 |
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SCIENZE |
Un esperimento al computer
dimostra anche che se inseriti in una popolazione normale la
portano all'estinzione |
I salmoni «genetici» crescono
di più ma muoiono prima |
L' hanno battezzato il gene di Troia. Perché,
proprio come il celebre cavallo di legno, arriva come uno splendido dono,
si inserisce a tradimento in un sistema, e distrugge proprio coloro che
pensavano di trarre vantaggio dalla sua presenza.
In questo caso, però, Troia è un ecosistema ricreato al computer da
William Muir e Richard Howard, della Purdue University (Indiana), e
abitato da pesci della specie Oryzias latipes, comuni negli acquari
e nei laboratori di ricerca; il cavallo di legno è invece il gene
dell'ormone della crescita umano, che, inserito nel DNA di alcuni
esemplari maschi, li fa crescere di più del normale rendendoli più
graditi agli occhi delle potenziali compagne, vuoi perché più forti nel
combattimento, o perché per le femmine di molte specie di pesci
"grasso è bello". Sta di fatto che gli esemplari maschi più
grandi hanno anche una probabilità quattro volte superiore di accoppiarsi
rispetto ai loro rivali più piccoli. In questo modo il gene che
conferisce il vantaggio riproduttivo si diffonde rapidamente nella
popolazione.
E così, più forti degli altri, una volta raggiunta la maturità
sessuale, i pesci modificati geneticamente sono anche meno vitali, e il 30
per cento di loro muore prima di poter sfruttare al meglio i vantaggi
offerti dall'ormone della crescita umano: ovvero, prima di potersi
accoppiare.
Qual è il risultato finale di questi due effetti contrapposti? Muir e
Howard lo hanno verificato al computer. Il loro lavoro non è fine a se
stesso, perché in molti laboratori i ricercatori hanno già modificato il
Dna di pesci, in particolare di salmoni, per farli crescere di più. E
anche se questi animali, concepiti per l'alimentazione dell'uomo, non sono
ancora nei supermercati, è un fatto certo che un pesce grosso è la preda
più ambita per i pescatori, e la più redditizia per gli allevatori.
Ebbene, dai calcoli degli statunitensi, l'effetto finale del gene di
Troia è catastrofico. Se la popolazione originaria è composta da 60.000
individui, è sufficiente introdurre 60 maschi modificati geneticamente
con il DNA dell'ormone della crescita per portare all'estinzione, s'è
visto, l'intero gruppo nell'arco di 40 generazioni.
Trattandosi di un modello elaborato al computer, e non verificato in
natura, gli stessi Muir e Howard invitano alla cautela
sull'interpretazione del risultato, ma nell'articolo pubblicato su
Proceedings of the National Academy of Science, avvertono: «rischi di
questo tipo dovrebbero essere valutati prima di immettere nell'ambiente
qualsiasi organismo geneticamente modificato».
Margherita Fronte |