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Un futuro migliore per le acque pregiate

 
 
La gestione della pesca nelle acque di particolare pregio non può prescindere da una moderna conoscenza scientifica e da una pianificazione razionale, perché è molto delicato l’equilibrio tra ambiente fluviale, fauna ittica e pescatori.
Solo attraverso un esame accurato infatti è possibile valutare la “produttività” di un corso d’acqua, che è la capacità di ospitare una determinata fauna ittica permettendone l’accrescimento e la riproduzione.
La produttività è legata alle caratteristiche globali del corso d’acqua (qualità e delle sponde e dell’alveo, quantità e qualità delle acque e degli invertebrati acquatici che costituiscono l’alimentazione dei pesci).
Dopo queste considerazioni vediamo di analizzare come è gestita attualmente la pesca nelle nostre acque pregiate.
Un buon lavoro è svolto indubbiamente dagli incubatoi di Valle, per merito sia di volontari sia di chi se ne occupa come responsabile dell’Amministrazione Provinciale con una passione personale che va sicuramente al di là del “lavoro di ufficio”.
Negli ultimi cinque anni si è investito sempre di più per ripristinare e potenziare gli incubatoi di Valle e sempre meno per l’acquisto di materiale pronto pesca.
Ma poco (o nulla) è stato fatto fino ad oggi per valutare in concreto il risultato di queste iniziative.
Uno spunto di riflessione interessante viene da uno studio di monitoraggio eseguito dalla GRAIA di Varano Borghi (VA), società specializzata in ricerche ittiche e ambientali.
Lo studio (“I torrenti Cervo ed Elvo, valutazione degli ecosistemi fluviali ai fini di una eventuale reintroduzione di temoli nei due torrenti”) è stato finanziato dalla Thymallus, associazione che riunisce appassionati della pesca al temolo con la mosca artificiale e che conta nel Biellese una cinquantina di soci.
I risultati di questo studio sono per molti versi sorprendenti! Il torrente Cervo è stato monitorizzato su un tratto di circa cento metri in località Bogna dove (riportiamo dalla relazione della GRAIA) “tutti gli indici biologici qualitativi e quantitativi utilizzati mostrano che il tratto indagato è caratterizzato da una elevata quantità biologica delle acque”.
Sorprende anche il campionamento della fauna ittica, composto esclusivamente di trote fario.
Il grafico che se ne ricava dimostra che la popolazione ittica è ben strutturata con la presenza di almeno quattro classi di età. Notevole il picco corrispondente al primo anno di età (detto 0+) che corrisponde alla classe compresa fra 70 e 140 mm; le diverse lunghezze sono il risultato sia di riproduzione naturale (i soggetti di taglia inferiore) sia di ripopolamento (quelli di taglia superiore). Un altro dato interessante è che ben il 44% delle trote ha una lunghezza superiore alla misura minima di cattura (cm. 20).
Vediamo ora il risultato del campionamento del torrente Elvo,  effettuato nel comune di Occhieppo Superiore nelle vicinanze del lago APOS. La qualità delle acque è risultata molto buona, anche se sono presenti lievi tracce di inquinamento organico.
Diversa è la composizione della comunità ittica, più tipica di corso d’acqua di fondovalle: sono presenti infatti oltre alla trota fario (33%), il vairone (23%), il barbo canino (22%) e lo scazzone (18%).
La presenza di due specie esigenti in termine di ambiente come il barbo canino e lo scazzone sottolineano la buona qualità delle acque.
 Analizzando i risultati del grafico sopra riportato la popolazione di trote fario appare squilibrata rispetto al torrente Cervo. Infatti la maggior parte delle trote appartiene al secondo e terzo anno di vita. Questo evidenzia la presenza di soggetti provenienti prevalentemente da immissioni di varia taglia e con accrescimento diverso da quello delle trote autocone.
 
IL PIANO ITTICO PROVINCIALE
 
Estendendo ad altri tratti dei nostri torrenti il monitoraggio con lo stesso rigore scientifico dimostrato dallo studio sopra riportato sarebbe possibile nell’arco di due anni arrivare ad una raccolta di dati che riguardano i nostri ecosistemi fluviali nel loro complesso (ambiente, qualità delle acque, fauna ittica).
L’analisi di questi dati permetterà di pianificare meglio tutti gli interventi relativi alle semine, ai ripopolamenti ed alla disciplina della pesca.
Significativo è il recente piano ittico provinciale realizzato dalla Provincia di Verbania che, separatasi dalla Provincia di Biella, che si è separata nello stesso periodo dalla Provincia di Vercelli. Anche se è molto più ricca di acque pregiate della nostra Provincia, il piano ittico elaborato potrebbe essere per noi un buon esempio da seguire.
Un piano ittico spesso prevede varie modificazioni dei regolamenti di pesca. Istituzione di zone “no kill” con rilascio del pescato, che permettono agli appassionati delle esche artificiali di praticare la pesca con più soddisfazione e con un incremento della quantità di pesce anche a monte ed a valle di questi tratti a gestione speciale. Restrizioni motivate, per esempio limitazione delle catture (dove è necessario) per non impoverire troppo il patrimonio ittico e difendere la riproduzione naturale.
Gestione più corretta degli interventi, come l’immissione di novellame dove la riproduzione naturale è per vari motivi inadeguata, individuazione di zone di minor pregio dove immettere materiale adulto. Anche le zone dove effettuare gare di pesca (i cosidetti “campi gara”) dovrebbero trovare stabilmente posto in zone di questo tipo.
Diversamente i nostri torrenti diventeranno sempre più dei semplici contenitori di pesci “pronto pesca”, immessi per la gioia dei pescatori meno esigenti e di avanotti che spesso vengono catturati prima di raggiungere la misura minima di legge. 
La storia della lotta contro l’inquinamento delle acque Biellesi costituisce sicuramente un capitolo interessante delle vicende locali ma è ancora tutta da scrivere.
Tale lotta non è affatto conclusa anche se lo stato di salute dei nostri corsi d’acqua è molto migliorato dalla fine degli anni 70 (che possiamo prendere a riferimento come apice del triste fenomeno) ai giorni nostri.
La Legge Merli (prorogata parecchie volte prima della sua attuazione concreta) ha aiutato un poco.
Se non era per l’impegno di magistrati e pubblici funzionari e soprattutto di uno sparutissimo drappello di guardiapesca volontari, dubito però che si sarebbero raggiunti i risultati attuali.
Risultati che potrebbero essere senz’altro migliorati se le normative esistenti (ora il Decreto Legislativo 152 dell’11/5/92) fossero più concrete e tenessero presente che la maggior parte delle immissioni inquinanti oggi derivano da scarichi urbani e non da scarichi industriali.
Non è sempre stato così. C’era una volta….il Consorzio Biellese per la tutela della Pesca che sostanzialmente sul problema chiudeva un occhio se non entrambi, essendo condizionato dal potere economico dell’industria locale.
Alla metà degli anni ’70 il sottoscritto quale guardiapesca volontario del Consorzio insieme al veterano Sig. Craveia, correva su e giù per il torrente Cervo a constatare morie di trote a ripetizione; morie che non facevano notizia.
L’unica normativa che concretamente ci consentiva di intervenire era quella sulle discariche di rifiuti solidi.
Per gli scarichi liquidi non c’era alcuna normativa applicabile.
Sotto ogni finestra o apertura che vecchi e nuovi edifici industriali avevano sul greto dei torrenti, c’era un cumulo di scarti e rifiuti multicolori a forma di piramide. Cumuli che, con le piene, venivano asportati, triturati e distribuiti equamente lungo i corsi d’acqua.
Con l’entrata in vigore della legge Merli (L. 10/5/76  N°319) la situazione iniziò lentamente ad evolversi nella giusta direzione.
Nel frattempo la maggior parte dei cumuli piramidali era stata fatta eliminare in seguito alle Ns. denunce ma le acque del Cervo e valle di Sagliano, quelle dell’Elvo sotto Sordevolo, quelle della Strona, del Rio Ponzone etc., continuavano a colorarsi secondo le tinte che andavano più di moda ed a schiumare bolle iridescenti.
Al Consorzio tutela Pesca subentrò in quegli anni nella gestione delle acque locali, la FIPS (Federazione Italiana Pesca Sportiva) di Vercelli a mezzo del Presidente provinciale Mandrino che raggruppò sotto la sua ala le numerose associazioni di pescatori sportivi esistenti sul territorio.
In quell’ambito si ritrovò un gruppetto di volontari della FIPS che furono in qualche modo incaricati di fronteggiare il fenomeno dell’inquinamento delle acque per conto dei pescatori, visto che nessun altro faceva nulla per tutelare l’ittiofauna.
Si formò una squadretta composta dal Dr. Bedendo (analista presso l’Ospedale di Biella), dal Sig. Guareschi (guardia Comunale di Graglia) e dal sottoscritto che, costeggiando le rive dei torrenti, anche secondo le indicazioni dei pescatori, denunciava all’Autorità Giudiziaria i casi più eclatanti. In sostanza il Dr. Bedendo era in grado di individuare gli scarichi fuori tabella, Guareschi fotografava il sito ed il sottoscritto redigeva materialmente la denuncia.
Fu grazie alla concomitante presenza a Biella del Pretore Dr. Zenatelli (ora alla Procura di Verona) convinto ecologista che iniziarono le prime condanne per scarichi abusivi o irregolari.
Anche l’USL e l’Ufficio di Igiene iniziarono dapprima a collaborare e poi a procedere attivamente. Grazie Dr.ssa Anselmetti!
Con le prime condanne tutto incominciò a muoversi secondo le direttive della Legge, si realizzarono i depuratori, nacque il Cordar (Consorzio per la depurazione delle acque feflue) etc. etc.
La situazione delle acque iniziò a migliorare sensibilmente cosicchè oggi le morie di pesci sono diventate una rarità (finalmente fanno notizia) e il colore dei torrenti non è più così soggetto alla moda. Restano però dei fattori di inquinamento tuttavia irrisolti e di difficile soluzione.
Esistono fognature che tutt’ora scaricano i loro liquami direttamente nei torrenti senza che venga neppure tentata la parziale depurazione e purtroppo le nuove disposizioni di legge sono in un certo senso “rinunciatarie” dando atto espressamente che per alcuni “corpi idrici” (non si parla più di corsi d’acqua) non c’è niente da fare.
Sarà la regione che dovrà precisare quali. Speriamo in bene e cioè che nel Biellese non vengano individuati casi così gravi.
A mio parere la nuova normativa si allinea ad un filone ormai consolidato per cui per risolvere un problema si creano nuovi impianti burocratici di difficile comprensione per i non addetti.
Se tale burocrazia sarà tesa solamente ad accumulare scartoffie o invece ad agire concretamente, è ancora tutto da vedere.
Nel frattempo i pescatori staranno all’occhio.
In base alla Legge infatti sembra piuttosto favorito lo “sfruttamento” delle risorse idriche ai fini di utilizzo per i consumi degli insediamenti urbani o industriali mentre l’ipotesi di lasciare scorrere l’acqua negli alvei dei torrenti viene considerata un’ipotesi residuale accettata quasi a malincuore da parte del legislatore.

 

 

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